Partita il 13 novembre per concludersi con la Giornata Internazionale per i Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza la quarta edizione dell’iniziativa di sensibilizzazione proposta dall’Associazione Una Vita Sottile.
Terminerà il 20 novembre con la Giornata Internazionale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, la Settimana della Memoria dei Bambini Rapiti dalla Giustizia. Obiettivo è quello di sensibilizzare l’opinione pubblica sui tanti bambini orfani con genitori vivi in quanto strappati alle famiglie a causa delle relazioni superficiali e talvolta prive di fondamento redatte dalle assistenti sociali e dagli psicologi foresi.
Una settimana intensa di appuntamenti, webinar e articoli che hanno un solo comune denominatore, dire basta al potere assoluto di assistenti sociali, psicologi forensi e giudici onorari minorili.
Ogni giorno assistiamo impotenti alla sottrazione di bambini all’affetto dei genitori, bambini che vengono staccati con la forza dalla braccia della loro mamma ad opera dei servizi sociali, su decisione del tribunale per i minorenni o a seguito di separazioni turbolenti dal tribuinale civille.
Questi giudici, sottraggono bambini dal nucleo familiare prendendo come oro colato le relazioni, superficiali e talvolta prive di fondamento redatte dalle assistenti sociali o dagli psicologi forensi. Dietro a tutto questo ci sta un vero e proprio business.
Pensate che nella maggior parte dei casi le sottrazioni, questi rapimenti di stato, avvengono con l’ausilio di polizia e carabinieri con pistole e mitragliette, come stessero per catturare dei pericolosi criminali, l’unica grande differenza però, è che questi sono bambini e le uniche loro armi sono giocattoli di peluches e macchinine, e il loro pensiero, la loro voce, è un pianto, uno strillo, un grido di disperazione che urla mamma…
Sono bambini che vengono strappati con la forza dalla loro famiglia e dai loro giochi, bambini e che resteranno traumatizzati a vita.
Claudio Greggio legale e presidente del Gruppo ETAV (Ente per la Tutela della Vittime degli Abusi) commenta: “Con la legge 54 del 2006 sulla bigenitorialità si è diffusa nei tribunali italiani la così definita Sindrome di Alienazione Parentale (PAS), molti bambini infatti vengono sottratti alla mamma perchè definita alienante o incurante. La PAS fin dal momento della sua proposizione nel 1985 non è riconosciuta come un disturbo mentale dalla comunità scientifica.
Il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM) non riconosce la PAS come sindrome o malattia: nella quarta edizione del Manuale infatti, la PAS non è nemmeno menzionata, e neppure nella più recente edizione (DSM-5) del 2013, in ragione della sua ascientificità a causa della mancanza di dati a sostegno.
La stessa corte di Cassazione ha inteso affermare il principio generale per cui il giudice non deve basarsi su un “giudizio astratto sulla validità o invalidità scientifica della suddetta patologia” bensì accertare la veridicità in fatto dei comportamenti all’origine della crisi della relazione genitoriale, poiché tra i requisiti di idoneità genitoriale si rileva anche la capacità di preservare la continuità delle relazioni parentali con l’altro genitore”.
Quindi per ricapitolare le parole del dott. Greggio, comportamenti volti a denigrare la figura dell’altro genitore o più in generale ad ostacolare la continuità delle relazioni parentali possono quindi essere considerati come indice di una diminuita capacità genitoriale e, nei casi più gravi, possono superare la soglia della rilevanza penale, azzardando la possibile configurazione del reato di maltrattamenti in famiglia e determinando così la revoca della potestà genitoriale.
Da ultimo, in una ordinanza del 2021, la Cassazione ha ribadito questo orientamento e ha affermato che la sindrome da alienazione parentale (PAS) e la sindrome della madre malevola (MMS), in quanto patologie non riconosciute scientificamente, sono di per sé inidonee a giustificare un provvedimento di affidamento esclusivo rafforzato a favore di un genitore, essendo invece necessari elementi ulteriori che dimostrino la mancanza di competenze genitoriali dell’altro genitore.
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