I dati, snocciolati uno a uno, fanno impressione. Ogni anno in Italia si spendono 3 miliardi di euro per mantenere i bambini nelle case-famiglia: si tratta di una cifra che oscilla tra gli 80 e i 400 euro a testa al giorno. Secondo una ricerca i bimbi, dopo 4 mesi in queste strutture, riportano danni fisici e culturali, scarsa autostima, cattivo apprendimento e via elencando. Eppure, il fenomeno dei bambini affidati alle case-famiglia è in continuo aumento. Solo a Roma nel 2012 erano 1600 i minori tolti alle famiglie e ospitati nelle strutture protette (30% in più in 10 anni). Spesso per indigenza delle famiglie, spesso per una sindrome che non esiste: la Pas, la cosiddetta Sindrome di alienazione parentale.
Tutti questi dati sono relativi al 2012: dopo non risultano più – neppure ai parlamentari che intendono occuparsene – altre ricerche, analisi, approfondimenti. Quanti bambini sono stati portati nelle case-famiglia perché provenienti da famiglie indigenti, quanti sono vittime di decisioni assai contestabili del Tribunale dei minori per conflitto tra i genitori, non si sa. Quanto sarebbero potuti essere spesi meglio quei soldi, a favore dei bambini e dei loro diritti, nessuno ha fatto i conti.
Claudio Greggio presidente dell’Associazione Una Vita Sottile commenta: “mi vengono in mente le immagini di bambini letteralmente strappati alla loro vita, rapiti ai loro genitori, forse per motivi economici e non ci rendiamo conto dei miliardi che lo stato spende in case famiglia. Questo denaro potrebbe essere destinato ai bimbi per permettere loro una vita migliore, invece di distribuire i soldi a pioggia a strutture d’accoglienza che nascono come funghi”. – E continua: “della vita dei bambini non si fa mercato, ci sono tanti bambini orfani con genitori vivi e fare business sul dolore delle famiglie è un vero abominio”.
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